Lorenzo Milani

Lorenzo Milani

Sacerdote ed Educatore

Lorenzo si racconta

Sono nato a Firenze in una colta famiglia borghese, ci siamo trasferiti a Milano dove ho compiuto i miei studi fino alla maturità classica. Lì ho cominciato a coltivare la mia passione per la pittura iscrivendomi all’Accademia di Brera.

Tornato a Firenze, a causa della guerra, mi sono dedicato alla pittura sacra. I Vangeli mi hanno aperto alla conoscenza di Gesù e del suo insegnamento: un incontro decisivo che mi ha fatto maturare la scelta di entrare in seminario.

A 24 anni ero prete. Nella parrocchia di San Donato ho fondato una scuola serale per i giovani operai e contadini del luogo. Nel 1954 Barbiana diventava la mia nuova casa, era una piccola parrocchia di montagna. A pochi giorni dal mio arrivo ho cominciato a radunare i giovani in canonica con una scuola popolare, mentre il pomeriggio facevo doposcuola ai ragazzi delle elementari. In seguito abbiamo inaugurato la scuola di avviamento industriale. I ragazzi, la loro sete di conoscenza, l’entusiasmo e la tenacia dei loro volti sono stati sempre il motivo della mia gioia. Mi sono donato come ho potuto. Un linfogranuloma, all’età di 44 anni, mi ha costretto a lasciare la terra per il Cielo, ma anche così non ho smesso di amarli e di seguirli.

Profilo (Tratto dal sito: https://www.donlorenzomilani.it/biografia-2/)

Don Lorenzo nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una colta famiglia borghese. E’ figlio di Albano Milani e di Alice Weiss, quest’ultima di origine israelita.

Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì a Milano dove don Lorenzo fece gli studi fino alla maturità classica. Dall’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla pittura iscrivendosi dopo qualche mese di studio privato all’Accademia di Brera.

Nell’ottobre del 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò a Firenze. Sembra che anche l’interesse per la pittura sacra abbia contribuito a far approfondire a Lorenzo la conoscenza del Vangelo.

In questo periodo incontro don Raffaello Bensi, un autorevole sacerdote fiorentino che fu da allora fino alla morte il suo direttore spirituale.

Nel novembre del 1943 entrò in Seminario Maggiore di Firenze. Il 13 luglio 1947 fu ordinato prete e mandato in modo provvisorio a Montespertoli ad aiutare per un breve periodo il proposto don Bonanni e poi, nell’ottobre 1947 a San Donato di Calenzano (FI), cappellano del vecchio proposto don Pugi.

A San Donato fondò una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia.

Il 14 novembre 1954 don Pugi moriva e don Lorenzo fu nominato priore di Barbiana, una piccola parrocchia di montagna. Arrivò a Barbiana l’7 dicembre 1954. Dopo pochi giorni cominciò a radunare i giovani della nuova parrocchia in canonica con una scuola popolare simile a quella di San Donato. Il pomeriggio faceva invece doposcuola a in canonica ai ragazzi della scuola elementare statale.

Nel 1956 rinunciò alla scuola serale per i giovani del popolo e organizzò per i primi sei ragazzi che avevano finito le elementari una scuola di avviamento industriale.

Nel maggio del 1958 dette alle stampe Esperienze pastorali iniziato otto anni prima a San Donato.

Nel dicembre dello stesso anno il libro fu ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, perchè ritenuta “inopportuna” la lettura.

Nel dicembre del 1960 fu colpito dai primi sintomi del male (linfogranuloma) che sette anni dopo lo portò alla morte,

Il primo ottobre 1964 insieme a don Borghi scrisse una lettera a tutti i sacerdoti della Diocesi di Firenze a seguito della rimozione da parte del Cardinale Florit del Rettore del Seminario Mons. Bonanni.

Nel febbraio del 1965 scrisse una lettera aperta ad un gruppo di cappellani militari toscani, che in un loro comunicato avevano definito l’obiezione di coscienza “estranea al Comandamento cristiano dell’amore e espressione di viltà”. La lettera fu incriminata e don Lorenzo rinviato a giudizio per apologia di reato.

Al processo, che si svolse a Roma, non poté essere presente a causa della sua grave malattia. Inviò allora ai giudici un’autodifesa scritta. Il 15 febbraio 1966, il processo in prima istanza si concluse con l’assoluzione, ma su ricorso del pubblico ministero, la Corte d’Appello quando don Lorenzo era già morto modificava la sentenza di primo grado e condannava lo scritto. Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana iniziò la stesura di Lettera a una professoressa.

Don Lorenzo moriva a Firenze il 26 giugno 1967 a 44 anni.

 

– Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I care”. E’ il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. E’ il contrario del motto fascista “Me ne frego”.

– Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola…. Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere… Per me non era così e perciò non potrò mai dimenticare quel che ho avuto da loro.

– Il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in modo confuso.

– Non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale.

– “Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio a averla piena. ……Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola. ……Bisogna aver le idee chiare in fatto di problemi sociali e politici. Non bisogna essere interclassisti, ma schierati. Bisogna ardere dell’ansia di elevare il povero a un livello superiore. Non dico a un livello pari a quello dell’attuale classe dirigente. Ma superiore: più da uomo, più spirituale, più cristiano, più tutto” 

– “… Nessuno si fida più di nulla che non sia vissuto prima che detto. Ed è giusto. E Gesù stesso ha molto più vissuto che parlato. E molto più insegnato col nascere in una stalla e sul morire su una croce che col parlare di povertà e di sacrificio”

– Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più tempo delle elemosine, ma delle scelte.

Altri pensieri: https://www.donlorenzomilani.it/lha-detto-don-lorenzo/

Intervista all’ex Presidente della Provincia di Firenze, Michele Gesualdi, “ragazzo di Barbiana”

“Il mio don Lorenzo”

Michele Gesualdi, attuale Presidente della Provincia di Firenze, è tra i sei ragazzi che nel 1954 terminarono la scuola dell’obbligo, la quinta elementare, nella scuola statale, che a Barbiana si teneva nella stanza di una casa colonica affittata dal Provveditorato agli studi e trasformata in aula. Don Lorenzo Milani organizzò in canonica una scuola di avviamento e di lingua per questi sei ragazzi. La storia di don Milani a Barbiana inizia da qui, e Gesualdi dunque è stato testimone della prima ora, rimanendo custode di quest’eccezionale esperienza anche dopo la morte dei priore, nel 1967, curando tra l’altro alcuni importanti volumi, tra cui la prima raccolta delle lettere. In occasione dei trentennale della morte di don Lorenzo Milani gli abbiamo rivolto alcune domande.

Spesso sei apparso riluttante nel raccontare l’esperienza di Barbiana: perché?

Per tre motivi semplici. 1) Perché per molti don Lorenzo è di volta in volta: uomo interessante, pensatore, benefattore dei poveri, innovatore nella Chiesa, e via così cantando. Per me invece è soprattutto persona cara a cui sono legato da profondo affetto filiale. Appartiene cioè a quella sfera degli affetti e quindi vi è il rifiuto della curiosità che egli sentì piccola, invadente e irritante. 2) Perché don Lorenzo non va ridotto ad aneddoto da salotto. Lui era una di quelle persone che formava le coscienze, che rivendicava impegno e coerenza. Ed è molto più coerente al suo insegnamento fare che raccontare. Anche perché ciò che valeva lo ha detto con molti scritti, anche dopo la sua morte. Ed ancora perché i testimoni diretti di personaggi noti sono “bugiardi”, sono portati cioè ad inventare episodi, a esaltare il personaggio, a idealizzarlo, ad ingigantire pregi e nascondere difetti e conseguentemente anche a falsarne la figura. 3) Perché uno deve essere se stesso, non si può vivere di luce riflessa, di etichette o di ricordi.

Chi è per te don Milani?

Confrontando la mia esperienza con le montagne di articoli, i libri, gli interventi sono giunto alla conclusione che molti, se non tutti, hanno cercato di costruirgli addosso un vestito che non era il suo, e che comunque gli andava stretto. Don Lorenzo era una di quelle figure talmente complesse, così proiettate nella ricerca continua della verità che era, ed è, difficile afferrarlo una volta per tutte.

Per me, anche se la cosa può sembrare scontata e banale, era un prete, un prete e basta, un prete che ha tentato di applicare il Vangelo senza compromessi ed alibi. Per capire don Lorenzo, le sue scelte, le sue battaglie occorre partire dalla scelta fondamentale che fece improvvisamente, a 20 anni, di servire Cristo e i suoi poveri, attraverso il sacerdozio, per salvare e salvarsi l’anima.

Eppure lo si rappresenta spesso come ribelle…

Ricordo cosa rispondeva all’amico senza Dio, ma attaccatissimo a don Lorenzo da quando insieme erano stati a colar rena in Marina: era ormai certo il suo allontanamento da San Donato e l’amico gli diceva: “Se io fossi in Lei andrei dal Vescovo e gli direi: tenga, questo è il collare, lo metta al cane”, e lui rispondeva: “Ma io sono un cane, un cane ubbidiente al mio vescovo”: don Lorenzo prete ubbidiente alla sua Chiesa e al suo vescovo. Si definiva il disubbidiente ubbidientissimo, perché appena arrivava l’ordine ubbidiva subito, e questo perché aveva bisogno della Chiesa, del perdono dei peccati, dei sacramenti, di ciò che nessun altro poteva dargli e che per lui valeva infinitamente di più di ogni sua posizione o idea. In questo don Milani non è assolutamente assimilabile al dissenso post-conciliare.

Spesso si accusa Michele Gesualdi di aver fatto “cosa propria” di Barbiana, quasi di aver sequestrato i luoghi simbolo dell’esperienza milaniana. Cosa spieghi, come rispondi?

Non so se c’è chi fa codesta accusa. Se ci fossero sarebbero sicuramente milaniani dell’ultim’ora e comunque persone non rispettose di valori che non appartengono loro. Tra questi ci metto chi si è permesso di mettere in audiocassetta la voce di don Lorenzo, quella che lui regalava ai poveri per insegnare, e venderla senza pudori e senza arrossire. Ti immagini cosa ne avrebbero fatto questi di Barbiana, se le avessero messo le mani addosso? Ovviamente questo è un caso limite di insensibilità. Però talvolta anche gente diversa ha ipotizzato un uso mondano di Barbiana. Si tratta di persone che non hanno vissuto da protagonisti attivi la coerenza cui don Lorenzo ci ha chiamato e sono portati ad una visione diversa. Però a chi ha vissuto quell’esperienza non sfugge che se quella canonica non fosse rimasta, su precisa richiesta di don Lorenzo, ai suoi familiari e in primo luogo all’Eda, non si sarebbe conservata, e se si fosse conservata non avrebbe retto alle tentazione turistiche che antepongono interessi ben più volgari a quelli religiosi, morali e sociali, e Barbiana non sarebbe oggi quel luogo povero ed austero e quindi coerente all’esempio di vita di don Lorenzo. E’ stato difficile reggere questa posizione: sarebbe stato molto più facile e forse anche gratificante se avessimo ceduto e trasformato Barbiana in un “mercato” nel tempio. Però oggi ne porteremmo il tormento.

Come non è stato facile stroncare sul nascere le tentazioni dei tanti anticlericali o cattolici tormentati che avrebbero voluto strumentalmente ridurre i luoghi di don Lorenzo in un salotto per chiacchiericci, confondendo l’offerta di eredità pastorale e spirituale di don Lorenzo con altre cose. Il nostro atteggiamento in questi 30 anni è stato tale che nessuno potrà mai dire che abbiamo fomentato il culto di don Lorenzo. Questo ci è costato incomprensioni e dispiaceri, ma è stato giusto far così, perché ciò selezionava tra chi era mosso da frivole curiosità e chi da necessità di preghiera e di riflessione. Questi ultimi non rivendicano strade asfaltate, lapidi commemorative, bar, rivendite di libri o ricordini o musei, per fare grandi prolusioni, magari piene di invettive contro la Chiesa che lui amava con passione ardente, ma fanno la salita di Barbiana senza timori di sporcarsi le scarpe, e si buttano in ginocchio a pregare nel cimitero ritornandosene via in silenzio. Noi vorremmo che Barbiana restasse così, senza visite guidate, vendite di brigidini, panini e coca cola, o luogo di bandiera per chi crede di aver capito tutto.

Non so se ci hai mai pensato: cosa direbbe oggi don Lorenzo al suo ragazzo, diventato presidente della Provincia?

In questi 30 anni sono sempre stato impegnato nel sociale. Fino al 1995 sindacalista della Cisl, per dieci anni segretario generale della Cisl fiorentina, oggi presidente della Provincia. Spesso in questo mio impegno mi è sembrato di sentire dietro le spalle, rigido e severo, don Lorenzo, a soffrire o a gioire per quello che stavo per fare o dire: a osservare per giudicare se il suo scolaro arricchiva il mondo con azioni giuste o se lo impoveriva, se invocava il bene o si piegava al male. Probabilmente mi avrebbe detto di restar sempre agganciato al popolo cui sono figlio, di guardare solo e sempre al suo interesse e che la politica deve essere l’anima e la speranza dei più deboli. Rischia sempre e non tacere mai per opportunismo, di fronte alle ingiustizie, “perché uscire insieme dai problemi -diceva- è la politica, uscirne da solo è egoismo”. Nel sindacato non mi sono perso, spero di non perdermi nemmeno in politica. Ed in questo sono aiutato non solo da Barbiana, ma anche dall’esperienza sindacale che mi ha arricchito moltissimo e tutto sommato le ingiustizie che ho toccato con mano nella mia vita di sindacalista sono una garanzia per non smarrirsi e rafforzare il proprio impegno ed entusiasmo.

– L. Milani, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina – 1990

– L. Milani, Lettere di don Lorenzo Milani, Ed. San Paolo – 2007

– L. Milani, Tutte le opere, Mondadori – 2017

– L. Milani, La parola a eguali, Libreria Editrice Fiorentina – 2019

– L. Milani, La scuola della disobbedienza, Ed. Chiarelettere – 2015

– L. Milani, L’obbedienza non è più una virtù, Ed. Chiarelettere – 2020

– L. Milani, Perché mi hai chiamato? Lettere ai sacerdoti, appunti giovanili e ultime parole, Ed. San Paolo – 2013

– M. Lancisi, La mia patria sono i poveri, Mauro Pagliai Editore – 2020

– M. Gesualdi, Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana, Ed. San Paolo – 2016

– E. Affinati, Il sogno di un’altra scuola, Ed. Piemme – 2019

– F. Fabbiani, Non bestemmiare il tempo. L’ultimo insegnamento di don Lorenzo Milani, Ed. Dissensi – 2017

Fondazione don Lorenzo Milani (https://www.donlorenzomilani.it/)