Rosario Livatino

Rosario Livatino

Giudice, vittima di mafia

Rosario si racconta

Nasco a Canicattì, cittadina siciliana, il 3 ottobre 1952. Mi chiamo Rosario, primo ed unico figlio di papà Vincenzo e mamma Rosalia.Studio seriamente e dopo la maturità classica scelgo di seguire le orme di mio padre, conseguendo a pieni voti la laurea in giurisprudenza per poi realizzare il mio sogno: entrare in magistratura. Ho cercato nel dialogo quotidiano con Dio ispirazione per il mio lavoro. Da subito, per le mie spiccate doti e le intuizioni, mi vengono affidati casi delicati di mafia. Gli anni scorrono in maniera semplice, tra il lavoro sempre più intenso, lo stare accanto ai miei genitori e il desiderio di formare una famiglia.

Le inchieste sono numerose e complesse, le indagini da me condotte fanno emergere il legame tra mafia e politica e il sistema di corruzione radicato nel territorio. Pian piano vengo a conoscenza dei segreti dei clan, questo determina la mia condanna a morte.

Una mattina di settembre, mentre andavo in tribunale, alcuni sicari mi hanno raggiunto e ucciso. Ero solo, non avevo la scorta, perché non volevo che altri padri di famiglia rischiassero la loro vita per proteggere la mia.

Profilo (Tratto dal sito Associazione Amici del Giudice Rosario Livatino – www.livatino.it)

Rosario Livatino è nato a Canicattì il 3 ottobre 1952, dal papà Vincenzo, laureato in legge e pensionato dell’esattoria comunale, e dalla mamma Rosalia Corbo. Rosario conseguì la laurea in Giurisprudenza all’Università di Palermo il 9 luglio 1975 a 22 anni col massimo dei voti e la lode. Il conseguimento della laurea, alla prima sessione utile, era solo la momentanea conclusione di una brillantissima carriera scolastica iniziata alla scuola elementare De Amicis, proseguita alla scuola media Verga e conclusa al Liceo Classico Ugo Foscolo di Canicattì sempre con voti e giudizi ottimi, compreso un lusinghiero “dieci” in matematica.

Il 21 aprile ’90 conseguì con la lode il diploma universitario di perfezionamento in Diritto regionale.
Giovanissimo entra nel mondo del lavoro vincendo il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento dove restò dal 1° dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Nel frattempo però partecipa con successo al concorso in magistratura e superatolo lavora a Caltanissetta quale uditore giudiziario passando poi al Tribunale di Agrigento, dove per un decennio, dal 29 settembre ’79 al 20 agosto ’89, come Sostituto Procuratore della Repubblica, si occupò delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche (nell’85) di quella che poi negli anni ’90 sarebbe scoppiata come la “Tangentopoli siciliana”. Fu proprio Rosario Livatino, assieme ad altri colleghi, ad interrogare per primo un ministro dello Stato. Dal 21 agosto ’89 al 21 settembre ’90 Rosario Livatino prestò servizio presso il Tribunale di Agrigento quale giudice a latere e della speciale sezione misure di prevenzione. Dell’attività professionale di Rosario Livatino sono pieni gli archivi del periodo non solo del Tribunale di Agrigento ma anche degli altri uffici gerarchicamente superiori.

Molto rari gli interventi pubblici così come le immagini. Gli unici interventi pubblici, fuori dalle aule giudiziarie, che costituiscono una sorta di testamento sono rappresentati da “Il ruolo del Giudice in una società che cambia” del 7 aprile 1984 e “Fede e diritto” del 30 aprile 1986 (i documenti integrali sono consultabili nel libro “Il piccolo giudice. Fede e Giustizia in Rosario Livatino” di Ida Abate per Editrice Ave mentre l’Associazione sta valutando l’utilità di ristamparli e diffonderli soprattutto tra i Magistrati). Rosario non volle mai far parte di club o associazioni di qualsiasi genere

Rosario Livatino fu ucciso, in un agguato mafioso, la mattina del 21 settembre ’90 sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre – senza scorta e con la sua Ford Fiesta amaranto – si recava in Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti che sono stati tutti condannati, in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio, all’ergastolo con pene ridotte per i “collaboranti”. Ergastoli sono stati inflitti agli esecutori Paolo Amico, Domenico Pace, Gaetano Puzzangaro, Salvatore Calafato, Gianmarco Avarello ed ai mandanti Antonio Gallea e Salvatore Parla. Tredici anni sono inflitti a Croce Benvenuto e Giovanni Calafato, entrambi collaboratori di giustizia.

Rimane ancora oscuro il “vero” contesto in cui è maturata la decisione di eliminare un giudice ininfluenzabile e corretto. Rosario Livatino è purtroppo solo la terza vittima innocente e illustre di Canicattì. Prima di lui, il 25 settembre 1988, stessa sorte toccò al presidente della Prima Sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo Antonino Saetta e al figlio Stefano trucidati in un agguato mafioso sempre sulla SS 640 AG-CL sul viadotto Giulfo mentre improvvisamente, senza scorta e con la sua auto, faceva rientro a Palermo dove abitava e lavorava. Per questo duplice omicidio dopo quasi dieci anni sono stati individuati e condannati con un unico processo i presunti mandanti ed esecutori superstiti.

Il 9 maggio 2021 nella cattedrale di San Gerlando ad Agrigento viene proclamato beato nella S. Messa celebrata dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi.


– La giustizia è necessaria, ma non sufficiente, e può e deve essere superata dalla legge della carità che è la legge dell’amore, amore verso il prossimo e verso Dio. 

– Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili.

– Scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare… (Ma) è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata.

– Compito del magistrato non deve quindi essere solo quello di rendere concreto nei casi di specie il comando astratto della legge, ma anche di dare alla legge un’anima, tenendo sempre presente che la legge è un mezzo e non un fine.

Testi

– Rosario Angelo Livatino, Non di pochi, ma di tanti. Riflessioni intorno alla Giustizia  Salvatore Sciascia Editore

– Nando Dalla ChiesaIl giudice ragazzino, Einaudi, Torino – 1992;

– Ida Abate, Il piccolo giudice. Profilo di Rosario Livatino, ILA Palma, Palermo – 1992 

– Angelo La Vecchia, Fiaba vera, Ed. Meta, Canicattì – 1997;

– Ida Abate, Rosario Livatino. Eloquenza della morte di un piccolo giudice, Armando Siciliano, Messina – 1999;

– Maria Di Lorenzo Rosario Livatino. Martire della giustizia, Edizioni Paoline, Roma – 2000;

– Ida Abate, Il piccolo giudice. Fede e Giustizia in Rosario Livatino, Editrice AVE, Roma – 2005

Film

– Il film “Il giudice ragazzino” (regia di Alessandro Di Robilant) – 1993

– Il film documentario “Luce verticale. Rosario Livatino. Il martirio” del regista Salvatore Presti

Audio

– Il CD Musicale “Il mio piccolo Giudice”

– La phonostoria Qualcosa si è spezzato

Associazione Amici  del Giudice Rosario Livatino (http://www.livatino.it/)

Centro Studi Rosario Livatino (https://www.centrostudilivatino.it/)